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14 giugno 2011

I socialisti scientifici determinanti

per l’esito referendario del 12-13 giugno 2011

 

 

 

 

I socialisti scientifici, quelli che oggi hanno l’ardire di dichiararsi tali, per fortuna, non sono un club, non hanno uno statuto che prevede l’esistenza parassitaria di consiglieri, con tanto di segretario e presidente: in generale, disdegnano di essere inquadrati. Si è socialisti scientifici nell’animo, per disposizione naturale e per educazione. Sono, direbbe un grande vecchio della politica italiana, transpartitici e transnazionali. Altri direbbe ancora che sono “trasversali”. Ma sono espressioni abusate (soprattutto l’ultima): meglio, dunque, lasciar perdere.

Tutt’al più val la pena osservare che la locuzione “socialismo scientifico” fu introdotta da Engels, che vediamo qui accanto effigiato in un francobollo commemorativo, per designare la sua dottrina (e quella di Karl Marx) in contrapposizione al socialismo utopistico di Owen in Inghilterra e di Saint-Simon e Fourier in Francia. Nel seguito usermo tale espressione in senso lato: “socialisti scientifici” sono per noi coloro che, non essendo malati di mercatismo, intendono liberare il mondo sia dalla disuguaglianza, sia dalla schiavitù del lavoro, utilizzando le forze liberate, o sprigionabili, dal progresso scientifico.

     Ma veniamo al dunque. Qui importa mettere in rilievo che i socialisti scientifici d’Italia sono stati determinanti per l’esito referendario. Intanto osserviamo che, grosso modo, il 50% del blocco costituito dai cittadini elettori del centrodestra più i cittadini abitualmente astinenti si è recato alle urne. Ora, se per gli astinenti irridere ai capi carismatici, che davano l’indicazione di disertare le sedi elettorali, è la norma, non così si può dire della quota di cittadini elettori del centrodestra che hanno mandato il carisma di Berlusconi e Bossi a farsi benedire. Questo è un fatto nuovo. Speriamo che la cosiddetta sinistra capisca finalmente come stanno le cose: gli elettori del centrodestra sono tali per svariate ragioni, ma non sono necessariamente degli stupidi, le loro ragioni potrebbero essere tutt’altro che ignobili. Tale argomento è sviluppato in questo sito nell’articolo Lettera aperta agli amici della sinistra che votano per la Lega.

     Ebbene, i socialisti scientifici si annoverano fra coloro che non hanno prestato orecchio alle indicazioni dei capi carismatici. D’altra parte i socialisti scientifici non votano abitualmente per la cosiddetta sinistra, per due ragioni:

  1. in quanto socialisti, con intento punitivo nei confronti della summenzionata e cosiddetta sinistra: infatti, non tollerano la deriva ideologica e classista, in senso piccolo borghese, di un progressismo a misura d’impiegati, maestrine, funzionari pubblici e intellettuali senza talento che identificano il progresso con la tutela dei propri interessi;

  2. in quanto scientifici, sempre con intento punitivo nei confronti della cosiddetta sinistra: infatti, non tollerano che il progresso materiale del paese sia pilotato dall’economia, anziché dalla scienza.

I socialisti scientifici, dunque, non votano per la sinistra per il fatto che la sinistra si è ridotta a farsi puntello dell'infame Trimurti, del blocco sociale che soffoca ogni anelito di rinascita morale, civile ed economica dell’Italia.[1]

     Per dimostrare il ruolo dei socialisti scientifici nell’esito referendario sancito ieri dalla conta dei voti, prendiamo le mosse dall’analisi disgiunta dei voti medesimi. Consideriamo che:

  1. per il raggiungimento del quorum è stata determinante una quota marginale degli elettori, il 5%.

  2. i socialisti scientifici appartengono a quel 5%. Infatti, l’analisi disgiunta dei risultati delle votazioni dimostra che 5% degli elettori ha votato a favore dell’energia nucleare e del legittimo impedimento.

A - Per quanto riguarda il referendum sul nucleare, il “no” è perfettamente aderente a una forma mentis scientifica: “Io voto per il nucleare, pur sapendo bene che per il raggiungimento del risultato farei meglio a far venire meno il quorum. Però se il referendum andasse a monte, le centrali nucleari sarebbero costruite non si sa bene quando, con la supervisione di questa classe dirigente al potere. Inoltre le centrali sarebbero gestite non dai fisici e dagl’ingegneri ma dai bocconiani, dai Chicchi Testa e dai tecnocrati alla Lucio Stanca (quello che fu Ministro per l’Innovazione e le tecnologie nel 2001-2006, ma nessuno se n’accorse, quello che aveva previsto lo stanziamento di 45 milioni di euro – avete letto bene! – per www.italia.it , un sito Internet sul turismo, colui che fu amministratore delegato dell’Expo 2015, e credo che tutti sappiano quanto sia stata brillante la sua amministrazione). Dunque per sfiducia in quest’Italia di manager alle vongole preferisco recarmi alle urne e sbarrare la casella del ‘No’. [Qui appare l’aspetto socialista del voto: un rimpianto di quel Beneduce, matematico e socialista, che Mussolini incaricò della fondazione dell’Iri, a tutela del lavoro italiano, contro le mene degli adoratori di Mammona.] Fra l’altro, così facendo, testimonio un punto di vista non superstizioso. In altre parole, non mi faccio determinare pavlovianamente dalla spinta emotiva innescata dal disastro di Fukushima.

So ragionare. So bene che il Giappone è meno scientifico di quel che si dice, tant’è che metà della rete elettrica funziona a 50 Hz e l’altra metà funziona a 60 Hz: un particolare tutt’altro che irrilevante nel tamponamento del disastro. Il pauroso blackout che si registrò a Tokyo fu conseguenza del fatto che le due reti non poterono essere connesse. Soffrirono dell'inconveniente le stesse operazioni di stabilizzazione dell’impianto nucleare, essendo venuto meno il funzionamento dei generatori locali che garantivano la refrigerazione del sistema).[2] So anche che in Italia non ci sono tsunami e che due regioni almeno, la pianura padana e la Sardegna, offrono buone garanzie sismiche. So anche che esistono le costruzioni antisimiche, come dimostra la stessa centrale di Fukushima, che ha resistito al sisma. Non ho paura dello tsunami, ho paura dei manager come Chicco Testa e Lucio Stanca. Perciò mi reco alle urne, contribuisco al superamento del quorum, libero (forse) l’Italia dai manager alle vongole e  testimonio un punto di vista scientifico, non superstizioso”.

 

B - Egualmente scientifico e socialista mi è parso il voto per il legittimo impedimento: “La ragione mi dice che l’equilibrio dei poteri è in Italia, attualmente, sbilanciato a favore della magistratura, soprattutto dopo che sull’onda emotiva di Mani pulite si eliminò con leggerezza l’istituto dell’immunità parlamentare (l’unico a protestare fu a quel tempo Pannella, che però ci deve ancora chiedere scusa per Ilona Staller, in arte Cicciolina, pornostar e fervente antinuclearista)”. Il ragionamento, più o meno, prosegue così: “I capi carismatici mi dicono che non devo recarmi alle urne. Ma io non sono servo dei capi carismatici. Inoltre di Berlusconi, ormai, non m’importa niente. Caro Berlusconi, direttamente o piuttosto indirettamente hai intascato i voti dei migliori degli italiani (almeno in parte), di coloro che lavorano senza protezioni sindacali, degli eroi residuali in un’epoca che ha in dispetto gli eroi (prima o poi dovremo domandarci perché).  Hai incamerato i voti dei migliori e hai fatto marameo ai migliori – in parte – fra gl’italiani. Allora sai che cosa ti dico, caro Berlusconi? Io contribuisco al raggiungimento del quorum, dunque non ti faccio il favore che mi chiedi, perché non lo meriti. Nello stesso tempo con il mio ‘no’ esprimo la volontà di tornare sull’argomento, quando finalmente l’Italia avrà imparato a fare a meno dei capi carismatici”.

 

Non credo invece che il 4% dei voti favorevoli alla privatizzazione delle acque sia attribuibile ai socialisti scientifici. Anzi, lo escludo.

 

 

[1] Sulla ragione per cui fra gl’italiani migliori si annoverano parecchi, pur orientati a sinistra, anzi proprio perché orientati a sinistra, che preferiscono (hanno preferito) votare per la Lega nord (dove possibile) o astenersi, mi sono soffermato in altre parti di questo sito. Si veda, per esempio, L’eredità della sinistra… e Berlusconeide. Comunque, in breve, il blocco sociale al quale facciamo riferimento è costituito da: i) potere finanziario; ii) grands commis de l’État, cioè alte magistrature dello Stato e burocrazia di fascia alta; iii) masse impiegatizie inerti. Le masse impiegatizie inerti sono quelle che traggono il minor vantaggio dall’egemonia del blocco, ma elettoralmente sono determinanti per il suo mantenimento. La cosiddetta sinistra a sua volta si fa garante del mantenimento del blocco sociale sia per miope calcolo elettorale (la difesa a oltranza dei ceti improduttivi, che potrebbe tutelare meglio con una trasformazione della società), sia perché ha perso di vista la sua ragion d’essere, ormai appiattita sul mercatismo e nella difesa dell’esistente, che non capisce, e che scambia per “modernità”.

 

[2] Si veda l’articolo A legacy from the 1800s leaves Tokyo facing blackouts: «When the quake hit, it shut down 11 reactors including three that were in operation at the Fukushima Daiichi plant that is now at the center of Japan's nuclear problems. With the 11 reactors offline, 9.7GW was gone from eastern Japan's electricity production capacity» (le zone più colpite dal sisma sono quelle del nord-est).

 

 

Nota: questo articolo è stato pubblicato anche su Bergamo info.