«... tanta est hominum improbitas, qui vivunt, imperitorum simul et invidorum, ut bilem mihi moveant cogantque me vel nolentem contumeliose scribere, ut discant ipsi a contumeliis desinere.»

(Laurentii Vallensis epistola ad Joannem Serram)

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Rito nell’antica Roma mediante sacrificio di un maiale, di un ariete e di un toro per la purificazione rituale della città (amburbium). Incombe su Curno, ormai da tempo, una coltre caliginosa di disgrazia e disgregazione. C’è chi dice che sia stata mandata da un nume, offeso dalle scorrerie di un uomo politico locale. Il rito dell’amburbium nell’intorno della Piazza degl’impiccati di Curno (Largo Vittoria) sarà efficace, anche ai giorni nostri, per scacciare l’ira del nume? In ogni caso, è venuto il momento per i curnensi di rivendicare i propri spazi di libertà, di spezzare le pastoie del pensiero unico con le quali uomini “politici” senza passione politica, apparatniki senza cultura e senza intelligenza delle cose, tutt’al più furbi (ma neanche quello: di furbi ce n’è uno soltanto) vorrebbero coartare l’orizzonte del discorso e negare le speranze di un avvenire migliore.

 

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14 marzo 2012 

Curno, un laboratorio politico alle porte di Bergamo

Cronache provinciali. Riassunto delle puntate precedenti

 

 

 

 

È tempo di elezioni politiche, in molti Comuni d’Italia. A Curno, borgo di Bergamo di 8.000 abitanti ca., assediato dagl’interessi di una delle città più ricche d’Italia c’è maretta, c’è il rischio che i partiti – e non solo i partiti – perdano il controllo del territorio. Ciò che desta sconcerto è l’imprevisto, o l’imprevedibilità, di certe sortite politiche, in particolare da parte del sindaco uscente, Angelo Gandolfi. Cioè, se il gioco fosse nelle mani dei soliti partiti che si scontrano, s’incontrano, che si agitano e mandano avanti questo o quello, il quadro sarebbe per i partiti rassicurante. Rimarrebbe tutto in famiglia, o nelle famiglie. Invece qui c’è il rischio che i piccoli strateghi di sempre non siano più necessari. Non solo: le manovre in corso per mandare avanti volti nuovi, ma controllati dai volti vecchi, sono fin troppo facili da appalesare (qualcuno dirà “sputtanare”, ma non è bello, lo so). Non c’è trippa per gatti, neanche per «quello che ha venduto per tremila lire sua madre a un nano», come canta De André.

     Per dovere di completezza, ricordiamo che i guai per i partiti cominciano quando, nel 2007, Pdl e Lega nord, non riuscendo a esprimere dal proprio seno un candidato sindaco attendibile, decidono di mettere Angelo Gandolfi a capo di una coalizione. Gandolfi chiede carta bianca per quanto riguarda la comunicazione, mette su una campagna elettorale senza intervento di agenzie di pubblicità capitanate da manager triccheballacche, guru improbabili, ragazze pon pon e contorno di pubbliche relazioni. Vince le elezioni. Pensate un po’, nella campagna elettorale del sindaco non ci sono nemmeno i gadget! Il politico territoriale Pedretti, gran teorico dei gadget, inorridisce e se n’inventa uno tutto suo: il “gratta e vota”. Ed è a favore di Gandolfi! Eccolo:

Dopo aver ottenuto che l’uomo di paglia (così pensavano) li portasse alla vittoria, i rappresentanti dei partiti si accomodano e fanno i furbetti. Senza perder tempo, si accingono a mettere il sindaco da parte (tanto più che il neosindaco è nuovo del mestiere). Gli mettono accanto una segretaria comunale “determinata”, gli creano difficoltà, poi (bontà loro) rimuovono le difficoltà (quando le rimuovono). Ma è proprio con queste difficoltà che diventano importanti. In Consiglio comunale la lista “Gandolfi per Curno”, sotto la cui egida i partiti hanno vinto le elezioni, viene immediatamente soffocata. I consiglieri ricevono l’ordine di creare i gruppi consiliari intitolati ai partiti: obbediscono. I partiti (e i centri di potere reale, per i quali i partiti hanno un occhio di riguardo) promuovono un cammino di governicchio che è in palese contraddizione con lo spirito con il quale il Gandolfi li ha portati alla vittoria. Il buon governo tuttavia c’è, grazie anche al fatto che il sindaco si rimbocca le maniche, qualche volta fa il lavoro che sarebbe altrui competenza fare, individua le gàbbole e le rimuove. Ma i protagonismi assessorili pretendono di farla da padrone, spudorati e reiterati sono i tentativi di sfondamento della volontà del sindaco mediante uso abbondante di pubbliche relazioni. E non dico altro.

     La storia della nuova amministrazione di Curno somiglia dunque, perlomeno all’inizio, alla trama di un film del 1964, Becket e il suo re, dove Thomas Becket (interpretato da Richard Burton), è nominato vescovo di Canterbury da Enrico II d’Inghilterra (interpretato da Peter O’ Toole). Il re intendeva fare del vescovo una pedina del suo gioco di potere, Becket invece prende la missione affidatagli molto sul serio e per essa sarà ucciso da quattro cavalieri sassoni. È la storia narrata in Assassinio nella cattedrale, di T.S. Eliot.

Neanche Gandolfi, però, è un uomo di paglia, i partiti non dureranno fatica ad accorgersene. A un certo punto il sindaco si domanda se è giusto che lui faccia da paravento alle manovrine di uomini politici che non sono nemmeno machiavellici (magari!), sono soltanto uomini politici di paese. Ma è giusto che a Curno, che è un borgo di Bergamo, facciano il comodo loro (o d’altri più furbi e più potenti di loro) uomini di visione politica fondamentalmente manovriera e paesana?

     Quando avviene il patatrac (il primo di tanti, ma il più notevole), quando cioè il Pedretti organizza l’ispezione alla c.d. moschea di Curno e viene destituito dalla carica di vicesindaco per la modalità con cui l’ha architettata, Aristide più di una volta lancia segnali di allarme alla c.d. sinistra di Curno. Facciamo qualcosa per salvare il salvabile, tutti insieme: facciamo una conspiratio bonorum (è tutto documentato, su Testitrahus) Ma nella c.d. sinistra non se ne dànno per intesi. Anzi, fanno diversi tentativi per disarcionare il sindaco, d’intesa proprio con il Pedretti:

     A) Quando il sindaco è in Corea, per ragioni di famiglia, chiedono una convocazione del Consiglio comunale, da celebrare senza il sindaco. La chiedono insieme con il Pedretti e con quella che si chiamerà la Quinta colonna, nell’estate 2010. Erano le prove generali di quel che sarebbe successo in seguito (Pedretti, Quinta colonna e c.d. sinistra uniti per disarcionare il sindaco, senza un progetto politico, ma così tanto per gradire, tanto per disarcionare).

     B) Nel febbraio 2011 il Pedretti, che ha la passione per i “conigli mediatici”, si lascia sfuggire l’intenzione che «entro il 24 di febbraio 2011 la maggioranza dei Consiglieri possa depositare le dimissioni e provocare lo scioglimento del Consiglio Comunale con conseguenti elezioni a maggio 2011». La manovra è stata intercettata e neutralizzata con il volantino “Mammuzza”, che non sarà punto gradito né dal Pedretti né dalla c.d. sinistra. E ci credo.

     E così via. Insomma, se non è il film Becket e il suo re, lo è quasi. Però nel caso di Curno non c’è stato spargimento di sangue (per fortuna). Non sono mancati tuttavia i colpi di scena: congiure (oltre le due che abbiamo raccontate), tranelli, azioni “a gatto selvaggio” da parte dei guastatori della Quinta colonna, impropri connubi della c.d. sinistra maritata con il leghista geom. Pedretti, tutto Trota (per lo meno, allora) e territorio, pressioni esasperate dei partiti, “buoni consigli” a destra e a manca (da parte dei poteri forti e meno forti), bordate provenienti da ridotte incistate nel sistema dell’informazione.

    Così stando le cose, stante la riottosità della Quinta colonna, smaniosa da sempre di confluire nell’alveo pedrettista, il sindaco avrebbe potuto anche lasciare il timone dell’Amministrazione. Era una possibilità. Certo, se la cosiddetta sinistra fosse stata una vera sinistra, una signora sinistra, amica del popolo. Ma si poteva lasciare Curno nelle mani della c.d. sinistra? No, perché la c.d. sinistra è molto più interessata ai rituali che alla sostanza. Purché tutto sia politicamente corretto, purché si dica correttamente “candidata sindaca” e non “candidata sindaco” (usando il maschile in funzione di neutro, come genere comune: orrore!), purché sia tutto “istituzionale” e istituzionalmente burocratico, tutto va bene. Se qualcuno poi non rispetta i Diritti dell’Uomo, che importa? Siamo noi che “certifichiamo” – dicono. Gli altri tacciano. E se non tacciono: “Non m’interessa!” Quando c’è una sostanza da vedere, loro non la vedono. Dicono che non la vedono, o che non gl’interessa (= “che non interessa loro”, per i puristi: a Curno abbiamo anche gl’italianisti, oltre che i cruscanti del politicamente corretto: bisogna stare attenti). E mettono la mordacchia: già, loro sì che possono permettersi certi atteggiamenti. Beati loro, o poveri loro.

 

 


 

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