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29 ottobre 2010

 

Sul “territorio”, ovvero la questione dei suoli a Curno

 

 

Trascrivo qui di seguito alcuni miei interventi sulla questione dei suoli a Curno. Tale questione costituiva l’oggetto dell’ultima pagina del blog dell’Udc, nel momento in cui il blog è stato chiuso, il 28 ottobre: si veda l’articolo Blog del’Udc chiuso per davvero.

    Il primo articolo vuol essere una proiezione su Curno di una polemicuzza della quale dà conto L’Eco di Bergamo: Gabriele Riva, segretario provinciale del Pd, fa presente l’incoerenza di C(h)ristian Invernizzi, segretario provinciale della Lega nord: Invernizzi, infatti, si dice fautore di una difesa a oltranza del verde, però «la Lega governa molti Comuni, la Provincia e da diversi anni la Regione: ha le sue responsabilità e non può sottrarvisi». Come esempi d’incoerenza, Riva propone i casi di Albino, Mapello, Trescore, Curno. E a Curno? Beh, a Curno Pedretti ha promosso un miniconvegno sul consumo di territorio zero, ma lui, in qualità di amministratore, il territorio l’ha consumato, eccome! Ecco dunque l’articolo:

 

21 Ottobre 2010

Coerenza poca, però la mistica del “consumo di territorio zero” è tanta

La questione dei suoli a Curno

 

Proviamo a fare una proiezione su Curno, a commento della notizia che leggiamo nell’Eco di Bergamo. Facevo osservare il 7 ottobre, nel post dal titolo La congiura è fallita: Pedretti vada all’opposizione: «Pedretti non è (politicamente) affidabile quando si fa paladino del “consumo di territorio zero”, essendo stato egli stesso – quasi ininterrottamente – amministratore di Curno dagli anni ‘90 a questa parte, allorché il consumo di territorio non fu certo trascurabile».

    Adesso Pedretti fa il talebano, addirittura il consumo di territorio dovrebbe essere zero, senza se e senza ma. Qualche mese fa addirittura indisse un miniconvegno, proprio sul consumo di territorio, al quale avrebbe dovuto prender parte il fior fiore dell’intellettualità. In assenza dei luminari, il convegno fu celebrato dal geom. Pedretti in persona (ah! i convegni, che passione!). L’anglista curnense ha fatto dichiarazioni perentorie che non dovrebbero dare adito a dubbio alcuno, riguardo alla sua ferma, intransigente volontà di non consumare territorio. In realtà, se guardiamo il passato politico del Pedretti, ci sarebbe ragione di dubitare. A meno che Pedretti non si dissoci dal passato e si dichiari a tutti gli effetti pentito.

     Pedretti in realtà fa il talebano – adesso, e solo adesso – con l’unico fine di mettere in difficoltà questa Amministrazione: una mossa palesemente sleale, perché sa benissimo che a Curno si avrebbe bisogno di fare un po’ di cassa, per dirla brutalmente, per far fronte cioè a impegni di spesa sottoscritti e a future evenienze. Soprattutto Pedretti è sleale (politicamente, per carità!) perché non è nemmeno all’opposizione: da un lato rimane abbarbicato all’amministrazione, in qualità di consigliere di maggioranza, dall’altro usa questa posizione come postazione di cannoneggiamento sulle difese dell’Amministrazione medesima.

     A chi abbia voglia di ragionare faccio presente inoltre: a) riqualificare un’area degradata, come ce ne sono alcune a Curno, un’area disdegnata perfino dai cani, nemmeno ritenuta degna di minzione a fini di marcamento del territorio (anche i cani, evidentemente, hanno il loro culto territoriale, la loro brava mistica territoriale!) non è “consumo di territorio”, ma “riqualificazione del territorio”; b) esistono ditte specializzate che collocando opportune cariche esplosive alla base dei pilastri riescono ad abbattere i mostri edilizi, facendoli collassare su se stessi in un batter d’occhio: così si potrebbe acquisire nuovo territorio, altro che consumarlo! c) con tutto il rispetto per la mistica curnense, Curno non è Greve in Chianti (per esempio), neanche Cornello dei Tasso; con questo non voglio dire che a Curno debba esserci licenza di scempio edilizio (quod deus avertat !) , dico semplicemente che bisognerebbe avere il senso delle proporzioni, altrimenti si gioca a fare il talebano, e la cosa è sospetta.

     Del resto, anche stendendo un velo pietoso sul furor aedificandi che contraddistinse la passata amministrazione di centrosinistra, al tempo delle vacche grasse, anche dimenticando che tale smania trovò attuazione grazie a oneri di urbanizzazione corrisposti al Comune di Curno in relazione al sacco edilizio perpetrato da ancor precedenti amministrazioni, concentriamoci sul periodo nel quale il geom. Pedretti è stato riferimento d’obbligo per il consumo di territorio, nel rispetto della legge, ovviamente, nel periodo in cui fu amministratore di Curno quasi ininterrottamente dagli anni ‘90 a oggi. Consideriamo quel periodo e ragioniamo. A questo punto sapremo che cosa pensare dei talebani del “consumo di territorio zero”.

     Ripeto quel che ho già scritto in questo blog: suggerisco a chi di dovere (eventualmente allo stesso sindaco) di andare a spulciare nell’archivio del Comune gli atti amministrativi che testimonino il “consumo di territorio” a Curno al tempo in cui Pedretti fu amministratore: quanto territorio è stato consumato, e – soprattutto – come? Risulta che Pedretti avesse allora contrastato il consumo di territorio?

Saluti

Aristide

 

Interviene il giorno stesso, il 21 ottobre, un internauta il quale fa presente che il “talebano” (dice lui) Pedretti sarebbe in buona compagnia, dal momento che anche il sindaco di Curno si sarebbe pronunciato a favore della retorica di “consumo di territorio zero”.  L’interlocutore parla obliquamente, ci suggerisce d’inserire nella finestrella di ricerca Google le parole “Stop al consumo del territorio dibattito a Milano”.  Faccio la ricerca, trovo che (purtroppo), in effetti, il sindaco ha preso parte a una sorta di tavola rotonda a Milano su un tema affine.

     Non mi risulta che il sindaco si sia espresso in termini talebani. Gliel’ho chiesto espressamente, lui mi ha rassicurato. Rimane il fatto che quella tavola rotonda è stata tenuta presso l’Associazione antroposofica di Milano, il che può essere imbarazzante. Per lo meno sarebbe stato imbarazzante per me, che mal sopporto la mistica, specie quella steineriana, da alcuni coltivata oggi con sciacquettistiche venature new age (il che costituisce un’aggravante).  Nel dare una risposta all’internauta, ne profitto per allargare il discorso e chiarire:

 

22 Ottobre 2010

Quandoque bonus dormitat Homerus

 

In risposta a #2: ho visto (perché vedano anche loro, i lettori del blog facciano clic qui). Trattasi di una tavola rotonda dal titolo “Territorio: non lo vendo, lo vivo”, promosso dal “Gruppo di studio e azione” intitolato “Nuovi orizzonti”. La tavola rotonda si è tenuta il 21 gennaio 2010 presso l’Associazione antroposofica (leggi: esoteristi steineriani) di Milano. Partecipano alla tavola rotonda: Domenico Finiguerra (sindaco di Cassinetta di Lugagnano), Eliot Lanadio (docente di Metodi e modelli per il supporto delle decisioni), Stefano Andi (architetto steineriano), Angelo Gandolfi (sindaco di Curno).

    Pedretti non c’era. Però Pedretti parla, da un po’ di tempo a questa parte, di “consumo di territorio zero” e Domenico Finiguerra è promotore del movimento “Stop al consumo di territorio”. Possiamo allora metterli sullo stesso piano? Eh no, cari signori! Pedretti nel periodo in cui fu amministratore di Curno fu uno sciupone di territorio, Domenico Finiguerra invece, con il consenso dei concittadini di Cassinetta di Lugagnano, ha fatto una scelta a favore della qualità della vita, contro il vile metallo che verrebbe al Comune dagli oneri di urbanizzazione per nuove costruzioni che nessuno vuole, dalla costruzione di una tangenziale che disturberebbe il sonno delle famiglie che hanno lasciato Milano per vivere qui, proprio perché qui non si allestiscono luminarie a Natale, immagino, non si edificano megaimpianti sportivi, megabiblioteche ecc. Senza contare che la tangenziale inquina l’aria e attirerebbe nuovi abitanti (potrebbero puzzare).

    Insomma, come ho affermato in #1, se Pedretti fa il talebano riguardo al consumo di territorio zero è sleale due volte: intanto perché fa il talebano territoriale, ed è una cosa che lui non può permettersi, con il suo passato politico; in secondo luogo, perché lo fa soltanto per molestare il sindaco.

     Diciamo la verità: Cassinetta di Lugagnano è un bellissimo posto, ha una storia, è rinomata per le “ville di delizia” che ospitarono alcuni bei nomi della nobiltà milanese. Sta nel Parco del Ticino, in parte ancora “infeudato” a Giulia Mozzoni Crespi, presidente del Fondo per l’Ambiente Italiano, ex comproprietaria del Corriere della sera, soprannominata da Montanelli “la zarina”, steineriana accesa, biodinamica, biologica, e chi più “bio” ha, più ne metta. Oggi Cassinetta di Lugagnano è abitata da milanesi ricchi e intelligenti, che considererebbero cafone farsi vedere alla guida di un Suv con i vetri oscurati. La loro richiesta al Comune è precisa: «Per favore, questo nostro Comune di 1900 abitanti deve rimanere quello che è sempre stato, un borgo del ‘700. Perciò, signori assessori, abbiate la compiacenza di stare tranquilli, non andate a cercare pretesti per costruire, ammodernare, tanto per fare qualcosa. Perché questo significherebbe far prevalere il vostro cattivo gusto piccolo borghese sul nostro buon gusto alto borghese. Non andate a cercare soldi, perché non abbiamo bisogno di servizietti gratuiti, pascolamenti di vecchi con il pannolone, palestre di smaltimento dell’adipe ecc.: provvediamo con i nostri mezzi». Per non parlare delle odiose, consumistiche e buzzurre luminarie natalizie e – dato che ci siamo, diciamolo! – degli stramaledetti nanetti di gesso, probabili apportatori di sfiga.

    I cittadini di Cassinetta di Lugagnano – quanto meno i principes, cioè coloro che hanno voce in capitolo – non vogliono queste cose, perché sono borghesi intelligenti. Il sindaco di Cassinetta di Lugagnano ha meno meriti di quanti lui se ne attribuisce. Fra l’altro, se veramente amasse la qualità della vita, sarebbe pago di coltivare il suo orticello, come il Candide di Voltaire, proprio a Cassinetta di Lugagnano, dove passerebbe il più del tempo, invece di girare come una trottola per l’Italia intera, pur di entrare nel giro della grande politica (vedi invece il suo sito, il suo blog, Facebook, i filmati, le pubbliche relazioni, le ricorrenze del suo nome in associazione alla Giulia Mozzoni Crespi e – horribile auditu ! – agli steineriani).

    In ogni caso, l’esperienza di Cassinetta di Lugagnano non è esportabile. Chi non lo capisce o è in malafede o è uno sciocchino. Se siamo in buona fede, se abbiamo mente scientifica, non scimmiottiamo, ma ragioniamo: questi sono i dati di partenza, queste le risorse, queste le condizioni al contorno. Mettiamo queste cose nel “mulino” del nostro cervello, e facciamolo funzionare. E basta con la retorica!

Saluti

Aristide

 

Il 25 ottobre interviene Massimo Conti, Coordinatore del Circolo del PD di Curno, il quale ci ricorda che «il 15 marzo u.s. c’è stato un dibattito a Curno, organizzato dal circolo del PD, dal titolo “Consumo zero del territorio”: tra i relatori chiamarti a portare la propria esperienza, c’era proprio Finiguerra, sindaco di Cassinetta», al quale avevo fatto riferimento nel mio articolo. Quindi Conti fa presente, a proposito del Piano di governo del territorio (PGT), che gli amministratori di Curno hanno «dichiarato pubblicamente l’assoluta necessità, su scelte di questa portata, di un lavoro comune con al minoranza», ma poi non se n’è fatto niente.

    Penso anch’io che bisognerebbe fare qualcosa di concerto, perlomeno fra i boni cives, fra i cittadini solleciti del bene pubblico, così da realizzare una sorta di conspiratio bonorum, cioè una convergenza dei buoni cittadini, perché la politica trionfi sulla politichetta e gl’interessi dei molti prevalgano sugl’interessi di pochi. Ed ecco che cosa scrivo:

 

26 Ottobre 2010

Una sorta di manifesto politico per una rapida ripresa dei lavori, dopo il fallimento della congiura pedrettiana

La questione dei suoli a Curno: uscire dalla logica familistica

 

§ § §

 

Differenza tra i problemi astratti e i problemi reali

Per affrontare correttamente i problemi, e risolverli, occorre disporre dei dati di partenza e di un metodo idoneo di soluzione del medesimo. Ma i problemi reali non sono quelli astratti proposti in un libro, per esempio, di fisica tecnica. I problemi astratti hanno una loro bellezza filosofica e un’incontrovertibile valenza didattica. Possono anche essere molto difficili: tuttavia, non posseggono quella ulteriore difficoltà dei problemi reali, costituita dal fatto che i dati di partenza dei problemi reali sono – spesso – nascosti.

    Per abituarci ad affrontare i problemi reali nella loro concretezza e a non spaventarci dell’eventuale confusione dei dati, il mitico Gino Bozza, professore di fisica tecnica e rettore del Politecnico di Milano, ingegnere-umanista, aveva l’abitudine di prendere le cose alla larga. Per esempio, a lezione ci parlava della Ginestra di Leopardi, dalla quale traeva spunto per squisite considerazioni di natura termodinamica. Oppure, agli esami, capitava che allo studente venisse proposto il problema di calcolare l’entropia di un negro al sole. Politicamente scorretto, direte voi. D’accordo, perfettamente d’accordo. A quel tempo ero un’anima bella anch’io: questa storia dell’entropia del negro non mi piaceva punto.

Ma a che cosa tendeva il metodo di ragionamento proposto dal professor Bozza? Facile, voleva insegnarci a discernere, cioè – letteralmente – a separare i dati significativi da quelli irrilevanti, prendendo in considerazione soltanto i primi.

 

Le “famiglie” di Curno

Questa lunga premessa – della quale il maiuscolettatore, nonché l’accolita di desperados pedrettiani non avrà capito niente: ma non per questo desistiamo da ragionare – è stata, a mio avviso, necessaria per arrivare a una conclusione che qui esprimerò in due punti fondamentali. Alla domanda “Quali sono i dati di partenza per ragionare correttamente sulla questione dei suoli a Curno?” si risponde così:

  • A Curno esistono da sempre le “famiglie” che – secondo alcuni – hanno il potere di sciogliere nell’acido qualunque amministrazione, quando l’amministrazione non risponda, o non risponda più, ai loro desiderata. Intendo qui per “famiglie” i poteri forti e meno forti, sui quali mi sono soffermato in passato nelle pagine di questo blog, perciò non mi ripeto. Insomma, non intendo la “famiglia” nel significato del film Il padrino, ma nel significato della familia romana, con un pater familias (il padre di famiglia), la matrona, i figli, gli schiavi: facevano parte della famiglia proprio tutti, anche gli schiavi. Inoltre il pater familias, se potente, veniva ogni giorno ossequiato da una torma di clientes, che facevano la fila al mattino davanti all’uscio della domus, avendo in mano la sportula: cioè un paniere dove il patrono faceva deporre dagli schiavi le elargizioni in denaro e qualche provvista.

  • A Curno esiste, da qualche anno un sindaco che, nelle intenzioni dei partiti, doveva essere una sorta di Becket, il Becket – però – che fu compagno di bagordi di Enrico II d’Inghilterra, non quello che sarebbe stato assassinato nella cattedrale e che poi sarebbe divenuto un santo della Chiesa. Anche di questo ho già parlato. In breve: Enrico II aveva nominato Becket arcivescovo di Canterbury, sperando di poterlo manovrare come un burattino. Invece, Becket prese sul serio il ruolo affidatogli, difendendo le prerogative della Chiesa contro la volontà prevaricatrice del re.

 

Le famiglie e i loro interessi, anche legittimi, e i partiti

Ora, come si sarà capito, avviene (non sempre, per carità!) che le famiglie annoverino tra i propri clientes uomini di partito, i quali, eventualmente, siedono in Consiglio comunale. Inoltre avviene – talvolta, non sempre – che i clientes operino in Consiglio per orientare le delibere in favore delle famiglie: ognuno dei clientes in favore della propria famiglia, s’intende. Per cui càpita talvolta che i clientes si accapiglino in Consiglio. Però, attenzione: io non sto dicendo che tutti i consiglieri sono clientes di questa o quella famiglia. Ci sono anche i consiglieri che operano in favore dei propri concittadini, sia di quelli che li hanno eletti, sia anche di tutti gli altri.

    Insomma, questo è quel che è sempre avvenuto, ma non è scritto sulla roccia che le cose debbano sempre andare così.

    Naturalmente, non siamo così ingenui da pensare che il male possa essere estirpato con due paroline, o anche solamente con la buona volontà. Il bene o anche soltanto un’approssimazione al bene (diciamo così perché non siamo talebani) è frutto di una lotta: per questa stessa ragione c’è chi afferma – a nostro parere, non a torto – che vere democrazie sono quelle che si sono instaurate dopo una rivoluzione, come per esempio in Inghilterra (per mano di Cromwell, che fece cadere la testa del re, e che creò la Repubblica del Commonwealth d’Inghilterra: così, quando fu restaurata, la monarchia inglese non fu più quella di prima), poi in America, quindi in Francia.

     Insomma, se le famiglie a Curno fanno la voce grossa, non bisogna esitare un attimo: occorre prendere le armi (metaforicamente) contro le famiglie. Ma noi confidiamo che le famiglie siano intelligenti e che capiscano che il sindaco ha finora resistito a tutti tentativi di eversione della sua amministrazione e che continuerà sulla sua strada.

     Fra l’altro, non è detto che gli interessi delle famiglie siano illegittimi. Quel che non va è il loro sistema di rappresentanza, attraverso le pubbliche relazioni e i clientes. Come ho accennato altre volte in questo blog, le famiglie dovrebbero aver imparato, dalle recenti esperienze, che hanno tutta la convenienza a presentarsi all’amministrazione con il cappello in mano, dando il benservito a intromettitori oltretutto poco affidabili.

 

A carte scoperte

Ma come sono andate le cose, almeno finora? Più o meno in questo modo: a) intanto i clientes hanno assunto la rappresentanza delle famiglie tenendo all’oscuro di tale loro affiliazione i propri elettori; nota bene, se gli elettori fossero consapevoli che i loro rappresentanti sono altresì rappresentati delle famiglie, nessuno avrebbe da dir niente, perché tutto è alla luce del sole, né gli elettori avrebbero ragione di lagnarsene; b) i clientes, invece di dire pane al pane e vino al vino la buttano giù in mistica. Cioè, si accapigliano, ma su “altro”: non sui dati veri del problema, ma su questioni fittizie, pretestuose. Ancora una volta, non saremo noi a meravigliarci. Infatti, nihil sub sole novi, non c’è niente di nuovo sotto il sole, come recita l’Ecclesiaste: chi ha sfogliato qualche libro di storia, anche solo quelli del liceo, sa benissimo che, spesso nel passato, furono agitate questioni teologiche per coprire interessi pochissimo divini.

     Nella dimensione di Curno, modesta, modestissima, in confronto a quella degli Stati che combattevano le guerre di religione, l’analogo delle dispute teologiche è ravvisabile nelle fughe in avanti dei partiti, i quali promuovono convegni, miniconvegni e tavole rotonde sull’etica fabulata, sul consumo di territorio zero, agitato da chi non l’ha mai praticato (e in realtà impossibile a praticarsi qui a Curno, perlomeno nell’accezione talebana), fanno la ruota intorno al sindaco di Cassinetta di Lugagnano, esprimono pensierini delicati sulla bontà delle torte della nonna e sull’agricoltura biologica, e chi più ne ha più ne metta. Insomma, un polpettone di mistica curnense.

     Qualcuno dirà: ma se le famiglie sono sempre riuscite a rovesciare le amministrazioni indocili, o non abbastanza docili, l’amministrazione Gandolfi non corre lo stesso rischio? Infatti, più di una volta Gandolfi ha corso il rischio di essere travolto: a dir la verità, oltre che per volere dei poteri forti e meno forti, anche per inettitudine politica di alcuni falsi amici. Però c’è una grossa novità, ed è questa: adesso, per la prima volta, si gioca a carte scoperte. Nel senso che sappiamo che esistono le famiglie, nel senso che non facciamo più finta di non saperlo. Non solo: il sindaco ha dimostrato di non essere servo dei partiti e in questo blog abbiamo dimostrato, con buona pace dell’oracolare Straliccio, che sia il sindaco sia i consiglieri (intendendo nel loro novero anche gli assessori) agiscono senza “vincolo di mandato”. Dunque, niente più diktat, per favore. Il sindaco non è condizionato dalle famiglie, non è condizionato dai partiti ed è oggi nella posizione di poter riprendere le briglie del carro, nello spirito “nobile” della campagna elettorale. Osserviamo in particolare che:

  • La parte sana della Lega nord e di Curno, rappresentata da Fassi e Donizetti, sta dalla parte del sindaco. Pedretti, la scheggia impazzita della Lega nord, è alla deriva. Ormai Pedretti non far più paura a nessuno: pretendeva che Fassi e Donizetti non facessero più parte del gruppo consiliare della Lega nord, ma lui stesso in Consiglio ha dovuto ammettere che le cose non stanno così. Insomma, come nella favola di Andersen I vestiti nuovi dell’imperatore, finalmente un bambino ha preso la parola e ha esclamato, a voce ben alta, udito da tutti: “Il re è nudo!”. Così, dopo quel bambino, tutti possono prendere il coraggio di dire quello che in realtà hanno sempre visto, e che finora hanno avuto paura di dire.

  • Con le dimissioni di Corti dalla carica di capogruppo consiliare, il gruppo Pdl nel Comune di Curno è oggi unitariamente e ufficialmente rappresentato dalla fazione pagnoncelliana, che però è minoritaria nell’ambito provinciale del partito. Questo significa che il futuro politico dei singoli consiglieri dipende molto dalla buona gestione della cosa pubblica, di cui daranno prova in Consiglio, e che dimostreranno ai cittadini, piuttosto che dalle benemerenze di partito. Ammesso, in via del tutto ipotetica (e aggiungo, cautelativamente, per assurdo) che alcuni esponenti del gruppo consiliare del Pdl nel Comune di Curno siano clientes di questa o quella famiglia, la loro convenienza politica oggi – sic stantibus rebus, cioè tale essendo lo stato delle cose – sta nel facilitare l’opera del sindaco, novello Becket, il favore del bene della comunità di Curno. Sempre giocando a carte scoperte, ebbene, diciamolo: nessuno ignora che il sindaco si è trovato nella condizione di votare insieme alla minoranza, al tempo della delibera sul Suap (Sportello unico delle attività produttive) relativo alla destinazione d’uso dell’area di via Ruffilli, contro il parere di una parte della sua maggioranza. Lo sappiamo noi che leggiamo questo blog, molti cittadini già lo sanno, se sarà necessario lo faremo sapere a tutti. Perché è giusto che la cittadinanza sappia che c’è chi parla di etica, ma si dimentica dell’etica in certi passaggi del proprio agire politico, chi blatera di consumo di territorio zero pur avendolo consumato a iosa, chi dice di non sapere quel che sarebbe tenuto a sapere, chi dice che invece sa, ma che non gl’interessa sentire le ragioni degli altri, e chi – infine – opera le sue scelte nell’interesse supremo dei cittadini, esattamente come i cittadini vorrebbero. È colui che sa, che è interessato a sapere quel che non sappia, colui che ben si guarderà dal dire, qualunquisticamente, “non m’interessa”.

 

Heri dicebamus, “Dicevamo ieri”

In conclusione: adesso che Pedretti è fuori giuoco e che conseguentemente il sindaco è ben saldo in sella, adesso che è chiaro che non una sola scalfittura deturpa l’immagine del sindaco, il sindaco si trova nelle condizioni ideali per poter dire la formula di rito heri dicebamus, “dicevamo ieri”, per sottolineare il fatto che il tempo della soperchieria è finito: il discorso riprende da dove era stato interrotto, subito dopo la vittoria elettorale. (Straliccio, Pedretti e il maiuscolettatore ci perdonino se queste righe abbondano di espressioni latine: ma questo è o non è un manifesto politico?) Il sindaco si è liberato da lacci e laccioli, i partiti non possono emettere diktat, la salvezza politica degli stessi consiglieri è nelle mani del sindaco. Torniamo dunque allo spirito della campagna elettorale (si veda il sito Gandolfi per Curno), lo spirito che avrebbe dovuto informare tutta questa amministrazione, non fosse che c’è stato il tentativo di sequestrare il sindaco, da parte dei partiti (ammesso, in particolare, che Pedretti possa essere considerato fiduciario della Lega nord: purtroppo, apparentemente, è stato così, speriamo ancora non per molto).

     Ma il sindaco adesso è libero: il cammino riprende, nella consapevolezza del tempo perso, nella certezza – ahinoi – che il programma non può essere portato a termine, sia perché troppo tempo e troppe energie sono stati impiegati dal sindaco per difendersi dalle insidie interne ed esterne, sia perché la crisi economica, che non è soltanto italiana, ha avuto una sua inevitabile ricaduta negativa anche sulla gestione ordinaria di Curno. A maggior ragione non ci si potrà più trastullare in giochini di potere e protagonismi assessorili.

 

Il PGT, piano di governo del territorio: come mai non decolla?

Come la storia di Pedretti è cominciata dal blitz alla cosiddetta moschea, e lì deve finire (e lì finirà), per quanto adesso l’anglista si dimeni e affermi la sua estraneità ai fatti, così tutta la questione dei suoli qui a Curno nasce con il Piano di governo del territorio e lì deve finire.

     Sappiamo che la precedente amministrazione di centro-sinistra non riuscì a varare il suo Piano di governo del territorio, per scadenza del tempo utile: avrà avuto le sue gatte da pelare, ma non è questo il punto. Invece il punto è che, se si continua di questo passo, se non si affronta di petto la situazione, c’è il rischio che neanche questa amministrazione riesca a varare il suo PGT.

Che cosa rallenta i lavori in corso? Ancora una volta, non facciamo le mammolette: le famiglie fanno verisimilmente pressioni sui clientes, e i clientes hanno interessi divergenti fra loro. Questa è una buona ragione ipotizzabile, anche se non abbiamo informazioni dirette. È anche ipotizzabile che le cose stiano ferme, perché i clientes non trovano un accordo fra loro. D’altra parte, mutatis mutandis, cioè con le variazioni del caso, questa è anche la storia, ben nota, dei parcheggi che a Milano per molto tempo non si costruirono mai, con tutto che ve ne fosse un grandissimo bisogno: i partiti non si mettevano d’accordo. Ma al popolo bue raccontavano che i parcheggi non si costruivano per evitare di incrementare il flusso di automobili in ingresso a Milano. Poi fu nominato ministro per i Problemi delle aree urbane Tognoli, detto il Tognolino, ex sindaco di Milano, vecchia volpe della politica. Ebbene, come d’incanto, tutti i problemi svanirono: il Tognolino aveva messo d’accordo i partiti.

     Questa è anche la storia della televisione a colori in Italia. Qualcuno forse si ricorderà che l’Italia fu l’ultimo dei paesi europei ad avere la televisione a colori. Forse però non tutti sanno quale fosse la causa, intendo dire la causa vera, perché la causa pretestuosa era che la televisione a colori avrebbe indotto gli italiani a un consumismo sfrenato (questa era la tesi del buon Ugo La Malfa). La causa vera del ritardo nell’introduzione alla televisione a colori in Italia era la lotta intestina fra due schiere di clientes: da una parte quelli che rappresentavano gli interessi dei detentori del brevetto Secam, il sistema di televisione a colori adottato in Francia e, con qualche modifica, nell’Unione sovietica; dall’altra, erano schierati i fautori del brevetto Pal (della tedesca Telefunken).

     Ebbene, adesso non ci sono più scuse. Con l’emarginazione di Pedretti, il sindaco dispone di tutta la forza e di tutto il prestigio per varare il Piano generale del territorio, la cui redazione è stata affidata – com’è noto – a un architetto che non appartiene all’area di centro-destra. Il che dimostra, qualora ve ne fosse ancora bisogno, che il sindaco è un Becket prudente. Non mi soffermo a dimostrare – dovrebbe essere evidente – che a questo punto i consiglieri in carica hanno tutto l’interesse politico, hic et nunc, cioè così stando le cose e in questo momento politico, a stare dalla parte del sindaco, anche su questo punto. Se dicessero che la scelta del sindaco non sta bene loro, sarebbe uno scivolone.

 

Auspici per una conspiratio bonorum, qui a Curno

Non credo che un piano regolatore valga l’altro. Non affermo che il Piano di governo del territorio depositato nel Comune di Curno sia perfetto: fra l’altro, non lo conosco. Dico però che questo PGT è stato varato, verisimilmente, prescindendo dagli interessi pressanti delle famiglie, il che non significa – naturalmente – contro le famiglie. Significa, semplicemente, in favore dei cittadini di Curno. Dunque i pilastri portanti di questo piano regolatore non sono la tutela degli interessi delle famiglie. Pertanto è un piano passibile di migliorie, in sede di discussione allargata.

     Il punto è precisamente questo: poiché non c’è ragione di temere che le famiglie possano fare pressioni sui clientes, poiché abbiamo buone ragioni per sperare che i clientes non siano più clientes (se mai ce ne sono stati in Consiglio comunale: cosa che noi non sappiamo, considerata la natura ipotetica del nostro discorso) la discussione può essere aperta. Dunque, parliamo apertamente di questo PGT, apriamo la discussione a tutti, così che si realizzi quella conspiratio bonorum, cioè quella convergenza dei buoni cittadini, che a suo tempo avevo invocato in campo etico, per condannare il fattaccio della cosiddetta moschea. Ma non se ne fece niente. Realizziamo questa conspiratio bonorum almeno sul PGT: ogni idea è buona, se è buona per il bene pubblico, non importa se viene da un consigliere di maggioranza o di minoranza.

     Però facciamo presto, per favore. Come ben sanno gli aziendalisti, un modo per far arenare un progetto è pretendere che sia a ogni costo perfetto, oltre ogni ragionevolezza, chiedendo di verificare tecnicamente tutti i particolari, postulando l’esigenza di nuove perizie ecc. Come si fece, appunto, per l’introduzione della televisione a colori in Italia. Fu una storia vergognosa, perché l’Italia era tecnicamente pronta per la televisione a colori fin dal 1967 ma si aspettò fino al 1974. E il PGT di Curno?

Saluti

Aristide