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  Errare humanum est

   

 

Dunque, è ufficiale: la candidatura posta da Roberto Pedretti per ricoprire la carica di consigliere regionale in Lombardia è stata accettata e ratificata. È stato un errore da parte della Lega nord, al quale speriamo che i cittadini di sentire leghista e dotati di senno vogliano porre rimedio evitando di esprimere la propria preferenza per l’ambizioso uomo politico curnense, trovando altresì il modo che non possa avvantaggiarsi dei residui, raccogliendo i voti che non l’avessero designato direttamente.

    È stato un errore, da parte della Lega nord, accettare la candidatura per la quale il Pedretti ha tanto insistito, per tre ragioni: la prima è che non si inserisce nelle liste elettorali chi abbia promosso iniziative a danno del paese di residenza, a maggior ragione se ne è stato vicesindaco. Parliamo, ovviamente, del blitz architettato da Pedretti, la progettata irrruzione ispettiva nella cosiddetta moschea di Curno. Tale iniziativa, infatti, qualora fosse andata a segno, sarebbe stata interpretata come una grave provocazione nei confronti della comunità di fede islamica, provocazione alla quale avrebbe potuto verisimilmente far seguito uno stato di tensione e insicurezza nel paese. Il blitz è stato architettato (poi, per fortuna, sventato dal sindaco) precisamente in vista della candidatura alle elezioni regionali del 28-29 marzo. Infatti, Pedretti alla testa dei crociati contro gli infedeli avrebbe facilmente guadagnato l’attenzione dei giornali, cosa alla quale lui tiene moltissimo.

    La seconda ragione per cui è stato un errore inserire il nome di Pedretti nelle liste elettorali è legata al momento storico. C’è la possibilità di varare, finalmente, un federalismo serio (si veda in proposito, in questo sito, Il federalismo prossimo venturo). Dunque, abbiamo bisogno di rappresentanti preparati, allorché la Lombardia dovrà intrattenere rapporti diretti con le altre macroregioni d’Europa. La Lombardia potrà presentarsi a testa alta se i suoi rappresentanti saranno all’altezza del compito assegnato, uomini che (per esempio) conoscano le lingue, uomini che abbiano esperienza e cultura industriale, possibilmente innestata su una base umanistica, uomini consapevoli del ruolo storico della Lombardia, sia quello passato (con la conversione del capitale fondiario in capitale industriale, seguita dall’alleanza con l’industria svizzera e quella tedesca), sia dell’auspicato ruolo futuro, propulsivo per lo sviluppo morale, sociale ed economico di tutta l’Italia. Uomini che sappiano far calare la superbia a certi personaggi europei, i quali pretendono che gli italiani, lombardi compresi, siano tutti mangiaspaghetti. Uomini capaci di orientarsi sul terreno infido delle mistificazioni burocratiche e tecnocratiche, senza complessi di inferiorità, ma anche senza iattanza, intellettualmente versatili, capaci di riconoscere le proprie lacune e colmarle – all’uopo – in tempi brevi. Uomini che non si facciano mettere nel sacco dal primo bocconiano che biascica formulette anglo-manageriali. Così stando le cose, dovendo la Lombardia trattare affari importanti con gruppi industriali, italiani ed europei, purtroppo agguerritissimi, è possibile che Pedretti possa essere di qualche aiuto? O non sarà invece una penosa zavorra?

    In altri tempi la Lega nord poteva anche spendersi in azioni di disturbo, mostrando la faccia feroce, giusto per far paura al blocco sociale dei ceti parassitari, che ha affidato la propria speranza di sopravvivenza a una sinistra che non è più sinistra. Anche il Pci si compiaceva, in altri tempi, di far paura ai suoi avversari. I suoi dirigenti erano uomini tutt’altro che rozzi, ma all’occasione si mostravano trinariciuti, identificandosi gioiosamente nei padani di Brescello (peraltro, tutti onesti lavoratori). Del resto, il Partito comunista italiano sapeva che l’accesso al potere gli era precluso per vie legali, o anche per altra via (gli accordi tra le potenze vincitrici del ii Conflitto mondiale, stabiliti a Jalta, sbarravano la strada all’ipotesi rivoluzionaria).

    Oggi invece, nei confronti della Lega non c’è alcuna conventio ad excludendum. La Lega è già al governo, con il proposito di attuare il federalismo. Non si tratta oggi di spaventare il nemico, ma di rimboccarsi le maniche. Ebbene, Pedretti, che poteva andar bene come spauracchio, non è tuttavia all’altezza dei compiti che ci aspettiamo da un delegato lombardo: oggi occorre garbo, intelligenza, cultura, attitudine al ragionamento. Pedretti parla e straparla di territorio, per il quale nutrirebbe un amore nobile e disinteressato. In pratica però una cosa soltanto gli è sempre stata a cuore: apparire. In effetti è abile nel tirare fuori dal cappello conigli che gli valgano l’attenzione dei mezzi di comunicazione. Conigli mediatici, appunto. Mai che ci sia un briciolo di analisi politica in lui, mai un tentativo di capire le esigenze e le prospettive di sviluppo di questo benedetto territorio. Soltanto trovate circensi: il “gratta e mangia” nella campagna elettorale per la conquista del Comune, nel 2007 (con immediata ripresa mediatica); l’ostensione, nel 2008, dello striscione “Tibet free”, che secondo lui significava “Tibet libero”, a seguito della quale ebbe occasione di spiegare in un’intervista come qualmente lui, orobico, non fosse alieno dalla lingua di Shakespeare; la distribuzione dei crocifissi-gadget nel Consiglio comunale di Curno (autunno 2009), con immancabile botto mediatico a seguire; infine, ancora nell'autunno 2009, il famigerato tentativo di blitz nella cosiddetta moschea, che però, essendo stato neutralizzato sul nascere, non ha prodotto quell’effetto mediatico a tutto campo che era stato da lui preventivato.

    La terza ragione per cui è stato un errore inserire il nome di Pedretti nelle liste elettorali è che in tale designazione si sente aria di dispotismo autocratico. Pedretti parla tanto di territorio, ma qualcuno ha provato a capire quanto Pedretti sia gradito tra la sua gente? Soprattutto dopo il tentativo di blitz nella cosiddetta moschea? Pedretti spesso si è vantato della sua liaison con il ministro Calderoli. Tale congiunzione è ufficiale, basta leggere la notizia del 12/02/2010 nel sito della Lega nord, sezione di Bergamo: Pedretti è definito «molto vicino a Calderoli». Sono parole che suonano più che altro come una excusatio non petita, come dire “siamo stati costretti a candidarlo”. È noto che Pedretti è stato, tra l’altro, il factotum di Calderoli nel disbrigo delle pratiche edilizie del ministro in territorio mozzardo. Il che non è proibito, naturalmente: ma non può essere, questo, un titolo di merito per essere candidati a diventare delegato lombardo. Pedretti inoltre è stato contubernale [1] del figlio di Umberto Bossi, che ha fissato a Curno il suo domicilio per qualche tempo. Speriamo che questo non sia stato ulteriore titolo di merito.

    Rimane il fatto che la candidatura di Roberto Pedretti a Bergamo, come del resto quella di Renzo Bossi a Brescia, sanno di autocrazia zarista. Non è bello, diciamo la verità. Non dimentichiamo che la Lega ha raccolto l’eredità dei lavoratori seri e onesti, quelli che finora avevano votato a sinistra, per due ragioni, fondamentalmente: la prima è che la sinistra si è messa al servizio di personaggi come Carlo De Benedetti, non propriamente “amici del popolo”; la seconda, perché nella Lega certe cose una volta non succedevano.

 

 

 Ciò che i curnensi non sono

Roberto Pedretti, con le sue iniziative intese ad avere eco mediatica, della quale è assetato, ha offeso i concittadini, quasi che fossero poco più che animali, eccitabili pavlovianamente all’odio e all’iracondia, o degli sciocchi. Con la trovata dello (sventato, per fortuna) blitz nella cosiddetta moschea di Curno, Pedretti inscenava una provocazione che avrebbe scatenato verisimilmente la reazione della comunità islamica, alla quale sarebbe seguita una reazione “di pancia” da parte dei curnensi. Di qui sarebbe venuta al Pedretti visibilità per le elezioni regionali del 28-29 marzo, per le quali poneva insistentemente la candidatura (ottobre 2009). Dava per scontato che i curnensi fossero assimilabili alla folla che accompagna il Cristo nella salita al Calvario, come si vede in questa tavola di Hieronymus Bosch, dove gli unici personaggi che mostrano tratti di mansuetudine sono collocati lungo la diagonale dall’angolo inferiore sinistro a quello superiore destro: il volto del Cristo impresso nel telo che santa Veronica ha tra le mani, santa Veronica, il Cristo, il buon ladrone.

In alternativa, se non sono considerati bestie pavlovianamente eccitabili a comando, i curnensi sono ritenuti dal Pedretti degli sciocchi. Questo presuppongono le sue numerose iniziative intese a trovare eco nella stampa, e puntualmente riprese dalla stampa. Iniziative alle quali – secondo le sue aspettative – i curnensi dovrebbero abboccare, pensando (scioccamente) che se uno è capace di suscitare eco mediatica, egli sia ipso facto un ottimo uomo politico, più che degno di sedere come rappresentante dei lombardi nel Consiglio regionale. Tra le iniziative escogitate dal Pedretti, che assimila i curnensi agli sciocchi abitanti di questo villaggio fiammingo, in una tela di Pieter Bruegel il vecchio, ricordiamo il “gratta e mangia”, l’ostensione dello striscione “Tibet free” che gettò nel ridicolo tutta l’amministrazione comunale di Curno e la distribuzione di crocifissi-gadget nel corso di una seduta del Consiglio comunale. In questa sua opera (Proverbi fiamminghi) Bruegel il vecchio prende a pretesto centoventi proverbi e modi di dire per rappresentare un mondo alla rovescia, dominato da un misto di dabbenaggine e follia.


Pedretti unfit

 


[1] Nel senso di commilitone, domiciliato nella stessa tenda, o accampamento: «Est enim contubernalis alterius, quicumque eius contubernio utitur, vel militari illo, vel cohabitationis et convictus»; contubernium = «tabernae s. tabernaculi societas, estque proprie militum» (Roberti Stephani, Io. Matthiae Gesneri, Novus linguae et eruditionis Romanae thesaurus, Lipsiae mdccxlix).