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29 dicembre 2009

Epilogo della querelle sulla c.d. moschea

 

 

 

Il 29 dicembre, nella riunione del Consiglio comunale di Curno, il sindaco legge un documento ufficiale, siglato e protocollato, dal quale risulta che Pedretti aveva fatto richiesta, nell’ottobre 2009, di un’ispezione nella cosiddetta moschea di Curno, un certo venerdì, alle 12, all’ora del culto collettivo.

    In particolare, Roberto Pedretti, allora vicesindaco di Curno, aveva fatto richiesta agli uffici tecnici comunali che si procedesse a un’ispezione in situ al fine di «verificare l’avvenuta esecuzione – da parte dei proprietari dell’immobile – di alcune prescrizioni tecniche impartite dall’Ufficio Tecnico». Si trattava di una provocazione senza precedenti, in contrasto con la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (Convenzione adottata dall’Assemblea delle Nazioni unite, 10 dicembre 1948). Si veda in particolare l’articolo 18:

 

Art. 18 - Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti.

 

Un’ispezione nelle modalità volute da Pedretti corrisponde manifestamente a una limitazione della libertà di culto. Proprio per questo il sindaco, avendo intrercettato il provvedimento che Pedretti aveva inteso mettere a segno a sua insaputa, e avendolo annullato, destituitì il vicesindaco dalla carica, ritirandogli altresì le deleghe di assessore. Pedretti reagì affermando che la ragione della destituzione e del ritiro delle deleghe era un’altra: il sindaco, secondo Pedretti, era il garante di certi affari immobiliari che, per andare a buon fine, avrebbero richiesto l’allontanamento di Pedretti. I fatti successivi (fine febbraio 2010) dimostreranno che quegli affari immobiliari non andranno in porto per attivo e determinante intervento del sindaco, a costo, fra l’altro, di una spaccatura nella giunta, peraltro arginata dal voto concorde dell’opposizione.

    Poco dopo, come manovra diversiva, Pedretti fa sapere di aver scoperto, rovistando nell’archivio del Comune, che il capannone frequentato il venerdì dagli islamici non ha la certificazione di agibilità. Si fa intervistare, presenta l’assenza di certificazione (un documento burocratico, in pratica) come una prova del fatto che aveva ragione lui, su tutta la linea. Poi la certificazione verrà, di lì a poco più di un mese, ma la cosa non ebbe eco nella stampa.

    Quando poi, 29 dicembre 2009, il sindaco leggerà un documento sottoscritto da un pubblico ufficiale attestante inequivocabilmente la richiesta di un’ispezione in situ nelle modalità sopra dette, Pedretti affermerà che sì, aveva chiesto che l’ispezione avvenisse quel giorno e a quell’ora, ma non per questo intendeva interferire con il culto, essendo gli orari coincidenti del tutto casualmente. Il documento letto dal sindaco recita, fra l’altro: «l’intervento era stato richiesto sollecitamente dall’assessore Pedretti, che sarebbe voluto essere presente durante il sopralluogo». Eppure Pedretti aveva affermato: «Mai è stato né deciso o pensato di effettuare le verifiche durante le attività di culto nella moschea. Le speculazioni politiche di chi ha il solo interesse di denigrarmi non mi interessano. So di avere la coscienza pulita, con principi condivisibili o meno» (cfr. Pedretteide, p. 11).

    Dunque Aristide aveva ragione da vendere, nel dubitare della sincerità delle dichiarazioni di Pedretti, che minimizzava o anche negava le proprie responsabilità.

 

 

 

Nota: Il documento ufficiale, siglato e protocollato, che inchioda Pedretti alle sue responsabilità è disponibile in questo sito (oltre che nel sito del Comune di Curno: ma è più facile reperirlo qui (fare clic sul collegamento ipertestuale)